"Confusione invece che musica"

Traduzione dall’articolo editoriale del giornale «Pravda» del 28 gennaio 1936 sull’opera di D.D. Šostakovič “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, dopo il quale l’opera fu bandita nell’Unione Sovietica.

Traduzione della M° Chislova

12/12/20253 min read

Insieme alla crescita culturale generale del nostro Paese è cresciuto anche il bisogno di buona musica. Mai e in nessun luogo i compositori hanno avuto davanti a sé un pubblico tanto riconoscente. Le masse popolari attendono buone canzoni, ma anche buone opere strumentali, buone opere liriche.

Alcuni teatri, come una novità, come un risultato, presentano al nuovo pubblico sovietico cresciuto culturalmente l’opera di Šostakovič “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”. Una critica musicale compiacente esalta l’opera fino al cielo e le crea una fama clamorosa. Il giovane compositore, invece di una critica seria e costruttiva, che potrebbe aiutarlo nel suo lavoro futuro, ascolta soltanto complimenti entusiastici.

L’ascoltatore, fin dal primo minuto, rimane stordito dal flusso volutamente scomposto e caotico dei suoni. Frammenti di melodia, accenni di frasi musicali affondano, riemergono, scompaiono di nuovo nel fragore, nel raschiare e nello stridere. Seguire questa “musica” è difficile, ricordarla è impossibile.

Così per quasi tutta l’opera. Sul palcoscenico il canto è sostituito dal grido. Se al compositore capita di imbattersi in una melodia semplice e comprensibile, subito, come se si spaventasse di tale “sventura”, si getta nei meandri del caos musicale, che a tratti si trasforma in pura cacofonia. L’espressività che l’ascoltatore richiede è sostituita da un ritmo furioso. Il rumore musicale dovrebbe esprimere la passione.

Tutto ciò non deriva dall’assenza di talento del compositore, né dalla sua incapacità di esprimere in musica sentimenti semplici e forti. È musica deliberatamente fatta “alla rovescia”, in modo che nulla ricordi la musica operistica classica, nulla abbia in comune con il suono sinfonico o con il linguaggio musicale semplice e accessibile. È musica costruita secondo lo stesso principio di negazione dell’opera con cui l’arte di estrema sinistra nega in generale, in teatro, la semplicità, il realismo, la chiarezza dell’immagine e il naturale suono della parola. È il trasferimento nell’opera, nella musica, dei tratti negativi del “mejerchol’dismo”, moltiplicati. È un caos estremista al posto della musica naturale e umana.

La capacità della buona musica di conquistare le masse viene sacrificata alle piccole pretese formalistiche piccolo-borghesi, alla pretesa di creare originalità con mezzi di banale eccentricità. È un gioco con cose astruse, che può finire molto male.

Il pericolo di tale direzione nella musica sovietica è chiaro. La deformità estremista nell’opera nasce dalla stessa radice della deformità estremista nella pittura, nella poesia, nella pedagogia, nella scienza. Il “rinnovamento” piccolo-borghese porta alla separazione dalla vera arte, dalla vera scienza, dalla vera letteratura.

All’autore di “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” è toccato prendere in prestito dal jazz la sua musica nervosa, convulsa, spasmodica, per dare “passione” ai suoi personaggi.

Mentre la nostra critica, compresa quella musicale, giura in nome del realismo socialista, la scena ci presenta nell’opera di Šostakovič il più grossolano naturalismo. Monotoni, in una veste quasi animalesca, sono rappresentati tutti: mercanti e popolo. La mercantessa-predatrice, che attraverso gli omicidi arriva alla ricchezza e al potere, è mostrata come una sorta di “vittima” della società borghese. Al racconto di Leskov è attribuito un significato che non ha.

E tutto ciò è grossolano, primitivo, volgare. La musica grugnisce, urla, ansima e soffoca per rappresentare nel modo più “naturale” le scene d’amore. E “l’amore” è sparso in tutta l’opera nella forma più volgare. Il letto matrimoniale mercantile occupa il posto centrale nella scenografia. Su di esso si risolvono tutti i “problemi”. Nello stesso stile grossolanamente naturalistico è mostrata la morte per avvelenamento e la fustigazione quasi in scena.

Il compositore, evidentemente, non si è posto il compito di ascoltare ciò che attende, ciò che cerca nella musica il pubblico sovietico. Sembra che abbia volutamente cifrato la sua musica, confuso tutti i suoni affinché arrivasse soltanto agli esteti-formalisti che hanno perso il gusto sano. È passato oltre le esigenze della cultura sovietica, che vuole eliminare la grossolanità e la barbarie da tutti gli angoli della vita sovietica. Questa celebrazione della lussuria mercantile alcuni critici la chiamano satira. Non può esserci alcuna satira qui. Con tutti i mezzi espressivi, musicali e drammatici, l’autore cerca di attirare la simpatia del pubblico verso gli impulsi e gli atti volgari della mercantessa Katerina Izmajlovna.

“Lady Macbeth” ha successo presso il pubblico borghese all’estero. Non sarà forse perché il pubblico borghese la loda proprio perché quest’opera è caotica e completamente apolitica? Non sarà perché solletica i gusti pervertiti del pubblico borghese con la sua musica convulsa, strillante, nevrotica?

I nostri teatri hanno messo molto impegno nel mettere in scena accuratamente l’opera di Šostakovič. Gli attori hanno mostrato notevole talento nel superare il rumore, il grido e il raschiare dell’orchestra. Con il gioco drammatico hanno cercato di compensare la povertà melodica dell’opera. Purtroppo, ciò ha fatto risaltare ancora più vividamente i suoi tratti grossolanamente naturalistici. La recitazione talentuosa merita riconoscenza, gli sforzi profusi rammarico.