Quando l’imitazione non basta più?
Dalla pratica inconscia alla teoria consapevole.
Evgenia Chislova
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Quando parliamo dell'educazione musicale nelle scuole, spesso ci si trova a fare i conti con un certo grado di confusione: quale metodo bisognerebbe utilizzare per ottenere risultati significativi? È davvero efficace continuare a seguire metodi come quelli di Suzuki o Gordon, dove l’approccio si basa principalmente sull’imitazione e le note musicali rimangono a lungo sconosciute agli studenti?
Questa domanda mi si presenta frequentemente durante le collaborazioni con le scuole, e non è priva di complessità. Da una parte, è innegabile il valore di approcci che stimolano l’orecchio musicale e la sensibilità al suono sin dalla tenera età. Tuttavia, quando i bambini crescono, serve qualcosa di più per garantirne uno sviluppo musicale completo e consapevole.
La musica è un linguaggio, e come ogni linguaggio, deve essere insegnata con equilibrio tra ascolto, comprensione e scrittura. Pensate all’apprendimento di una lingua: nessuno si aspetterebbe che un bambino si esprima solo attraverso l’imitazione senza mai imparare l’alfabeto, le regole grammaticali o la scrittura. Lo stesso vale per la musica: l’introduzione dell’alfabeto musicale, ovvero delle note, delle loro durate e della loro relazione nel pentagramma, è un passaggio essenziale per favorire un apprendimento consapevole.
Non basta più con studenti che si avviano verso una maggiore maturità, limitarsi a chiamare i valori delle note con suoni mnemonici come "Ta e Ti-Ti". Questo approccio, per quanto utile nelle prime fasi, diventa rapidamente limitante. Gli studenti hanno bisogno di comprendere ciò che stanno facendo, collegare le durate delle note con i loro simboli scritti e tradurre queste informazioni in espressione musicale.
Un esempio pratico
Mi capita spesso di incontrare studenti che, dopo anni di lezioni basate sull’imitazione, mostrano grandi difficoltà a leggere uno spartito semplice o a comprendere la struttura di un brano. Questo può portare a frustrazione e a un progressivo disinteresse. Ma quando si introduce loro il sistema di notazione, magari accompagnandolo da attività pratiche come il solfeggio ritmico e melodico, si accende una luce nei loro occhi: finalmente tutto ciò che hanno appreso a orecchio assume un significato più profondo.
Cosa possiamo fare?
Per creare un approccio equilibrato, è importante integrare i vantaggi di metodi come Suzuki e Gordon con un’introduzione graduale e ben strutturata dell’alfabetizzazione musicale. Ad esempio:
Ascolto e imitazione rimangono fondamentali nelle prime fasi, ma devono essere affiancati dalla lettura musicale già dai primi anni.
Esercizi creativi per sviluppare la comprensione ritmica e melodica possono essere trasformati in giochi, ma sempre collegati alla scrittura e alla teoria.
Connessione tra pratica e teoria: fare in modo che ogni esercizio, ogni pezzo suonato, abbia una corrispondenza con ciò che viene scritto sul pentagramma.
In conclusione, il nostro obiettivo come educatori dovrebbe essere quello di dare agli studenti gli strumenti necessari per diventare musicisti autonomi, capaci di leggere, comprendere e interpretare la musica. I metodi basati sull’imitazione sono un inizio meraviglioso, ma dobbiamo sempre ricordare che il loro scopo è preparare il terreno per una comprensione più profonda e consapevole. Solo così possiamo formare persone che non solo suonano, ma capiscono e vivono la musica in tutte le sue dimensioni.